Ricordo una novella dei fratelli Grimm che narra di due sorelle: l’una non aveva figli ed era ricca, l’altra aveva cinque figli, era vedova e così povera che non aveva più pane per sfamare sé e i suoi bambini. Andò da sua sorella e le disse: «Io e i miei bambini siamo affamati da morire! Tu sei ricca, dammi un boccone di pane», ma quella ricca aveva il cuore di pietra e disse: «neanch’io ho niente in casa» e scacciò la povera con male parole. Dopo un po’ tornò a casa il marito della sorella ricca e voleva tagliarsi un pezzo di pane ma, appena affondò il coltello, ne uscì sangue. A quella vista la donna inorridì e raccontò quel che era successo.
Il marito si affrettò dalla vedova per darle aiuto, ma entrando nella stanza la trovò che pregava: aveva in braccio i due bambini più piccoli, i tre più grandi giacevano a terra morti. L’uomo le offrì del cibo, ma la donna rispose: «Il cibo terreno non lo desideriamo più, Dio ne ha già saziati tre, esaudirà anche le nostre preghiere.»
Aveva appena pronunciato queste parole, che i due piccini resero l’ultimo respiro, e subito dopo si spezzò anche il suo cuore ed ella cadde morta.
Leggere questa novella è come ricevere un pugno nella bocca dello stomaco, ti manca il respiro, ti colpisce l’anima, evoca la visione di tutti i bambini affamati, denutriti, con le pance gonfie, del Terzo mondo. E ci si ritrova a pensare che anche il pane che noi mangiamo sia intriso del sangue di questi bambini. Eppure ci lamentiamo, anche noi in questa nostra Paternò, di un benessere non così ricco come vorremmo, scordando che se noi viviamo, loro, quei bambini, a stento sopravvivono. Noi godiamo, loro soffrono. Noi ci ammaliamo e ci curiamo, loro si ammalano e muoiono. Noi sprechiamo l’acqua, loro muoiono di sete.
Qualcuno obietterà che devono pensarci gli Stati, non noi cittadini. Ma lo Stato siamo noi e, se vogliamo, qualcosa possiamo farla per questi bambini bisognosi.
Una soluzione valida e efficace è il sostegno a distanza di un bambino, una formula di aiuto e di sostegno continuativo che offre ai più piccoli l’opportunità di curarsi e di vivere una vita degna, rimanendo nel suo Paese e con la sua famiglia e soprattutto fornendogli uno strumento fondamentale: l’istruzione.
Sono la responsabile locale della Missione di Kurnool, nello Stato dell’Andra Pradesh, nel cuore dell’India. Il luogo è tristemente famoso per lo sfruttamento minorile: secondo una stima, sarebbero ventimila i minorenni al lavoro nelle fattorie di Kurnool, con un indice di mortalità altissimo, visto che sono usati per irrorare con pesticidi i campi di produzione di semi di cotone. Ma a Kurnool esiste anche una magnifica realtà: delle scuole/collegi che ospitano tanti bambini poverissimi della Diocesi che abbraccia un territorio più vasto della Sicilia. Questi Istituti educativi sono sorti negli anni grazie all’impegno profuso e alla generosità dei cittadini paternesi che hanno collaborato direttamente con i Vescovi Mons. Gorantla Johannes, fino al 2007 (anno della sua morte) e Mons. Anthony Poola, attuale Vescovo, con centinaia di adozioni a distanza di bambini e anche di seminaristi e tante donazioni per la costruzione dei suddetti Istituti.
Sostenere o adottare, come si preferisce, è un farsi carico, un accogliere, è l’instaurarsi di un rapporto responsabile e intimo fra due esseri lontani fisicamente ma vicini spiritualmente. Un filo d’amore legherà, per sempre, senza limiti di tempo e spazio, l’adottato e l’adottante.
La Diocesi, con l’aiuto di volontari, insegnanti, sacerdoti, suore e laici si fa carico delle necessità primarie per il sostentamento del bambino, del costo della scuola, del materiale didattico, dell’abbigliamento e soprattutto delle cure mediche, a cominciare dalle vaccinazioni e crea le opportunità di realizzazione in campo intellettuale, sociale e amministrativo.
Le persone che donano sono costantemente informate sulla destinazione dei loro fondi e vengono favorite le relazioni personali tra genitori adottivi e bambini, attraverso la posta o con disegni, fotografie, filmati.
Se ogni famiglia di Paternò adottasse un bambino, sarebbe probabilmente il più bel regalo di Natale da farsi.
Basta poco per salvare delle vite, 100 euro l’anno, per far sorridere chi soffre e donargli la speranza di un futuro migliore.
Auguri di Buon Natale Speciale, e, come ha detto Papa Francesco: «invece di pensare a cosa comprare, pensiamo a cosa donare.»
Adriana Briuglia