Il pomeriggio di Sabato 8 gennaio, avevo tra le mani l'ultimo numero della rivista mensile “Vita pastorale”, e la mia attenzione è stata attirata dal dossier “l'amore politico”. Con mia piacevole sorpresa trovo l'articolo di Mons. Luigi Renna (arcivescovo eletto di Catania, come era stato annunciato in Cattedrale alle ore 12) : “La vera natura dell'amore. Un buon governo è per la felicità del cittadino”. L'articolo, soffermandosi sulla lezione di Platone a proposito dell'eros politico, spazia da Esiodo a Sofocle fino a citare le opere platoniche La Repubblica, Le Leggi, il Timeo, il Politico e il Simposio, per arrivare alle puntualizzazioni del rapporto tra eros e agape, che Benedetto XVI illustra nell'enciclica Deus caritas est (vd in particolare nn.3-8). Per Platone, nota Mons. Renna, l'ascesa dell'uomo verso il bello passa “da una generatività fisica, rapita dalla bellezza dei corpi, a una generatività spirituale, che si manifesta nelle arti e, in un grado superiore, nell'amore per la polis”. Esiste, pertanto, una fecondità spirituale per cui “eros fa sì che gli uomini siano 'gravidi', e, quindi, capaci di generare ordinamenti ispirati a virtù”. E a tal proposito, Mons. Renna, citando il costituzionalista M. Ainis, non tralascia di fare un riferimento alla nostra Costituzione repubblicana, osservando: “Come non riconoscere che è stata partorita da animi 'gravidi' di valori e di desiderio di democrazia […]?”. L'articolo prosegue notando che Platone svolge il suo discorso avendo presenti due grandi riferimenti: Licurgo (IX-VIII sec. a.C.) che, a Sparta, “diede un ordinamento che evitasse la concentrazione di potere nelle mani di un solo uomo”, e Solone (640 ca -560 a.C.) che, ad Atene, ispirò le sue leggi all'eudamonìa, perchè un buon governo della polis avrebbe dovuto avere come obiettivo la felicità di tutti i cittadini (come scriverà poi Aristotele, nella Politica). E lo stesso Solone stimolò la partecipazione attiva alla vita della polis, fino al punto di punire con l'esilio “coloro che, in caso di conflitti politici, rimanevano neutrali!”. Mi sembra che questa disposizione di Solone, pur nella sua radicalità, può suscitare, oggi, una serie di domande, visto il grande disinteresse (ancor più grave della “neutralità”?) della gente nei confronti della politica, abbandonata nelle mani dei soliti professionisti, che fanno il bello e il cattivo tempo, a prescindere da ideali di alto profilo politico, pronti a cambiare casacca quando vengono colpiti i loro interessi individualistici. Basta verificare l'alto numero di coloro che hanno lasciato il partito per cui i cittadini li avevano votati! Occorre notare, a mio avviso, che una tale concezione della politica non è compatibile con la ricerca del bene comune (bene di tutti e di ognuno, secondo la Dottrina sociale della Chiesa) e, inoltre, allontana i cittadini dalla partecipazione, con tutte le conseguenze negative che ne derivano, fra cui quella della sindrome dello spettatore, diffusa tra la maggioranza della gente, soprattutto tra i giovani. Certamente, è una piaga – questa del disinteresse per la politica - che don Sturzo denunciava con parole dure. Ma se andiamo indietro nei secoli, anche nell'antichità classica ci imbattiamo in periodi di degenerazione della politica, al punto che Cicerone poteva scrivere che, secondo alcuni filosofi, a questa attività si dedicavano, per lo più, uomini di scarso livello culturale e morale, con cui era degradante confrontarsi, mentre contrastarli era penoso e poteva diventare anche pericoloso.
Sembra chiaro, allora, che da simili politici, ripetitori di slogan vuoti e incapaci di essere “gravidi” di valori sociali e politici, la gente non può aspettarsi nulla di buono per il Paese. Da qui lo scetticismo e la presa di distanza dei cittadini dalla vita politica. Il pensiero sociale cristiano, invece, a partire da S. Ambrogio, che sottolineava l'alto valore dell'impegno politico definendolo caritas generis humani, passando per S. Tommaso d'Aquino, fino ai nostri giorni, ad esempio con Giorgio La Pira (solo per citare alcuni nomi), ribadisce la fondamentale importanza della partecipazione attiva alla politica. Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2004) sviluppa questa linea.
Mi sembra opportuno ricordare che su queste problematiche, il nostro Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro ha puntato molto sulla formazione dei laici per una cittadinanza attiva, nelle sue molteplici forme. Questo scopo è stato realizzato, soprattutto, attraverso le Giornate sociali diocesane, fortemente volute e sostenute da Mons. Gristina, e puntualmente organizzate ogni anno a partire dal 2005 fino all'inizio della pandemia. Tra i frutti di queste “Giornate” la Via Crucis del lavoro, la Scuola di formazione politica, i vari interventi sui temi più scottanti della vita della Città di Catania, fino al documento sul dissesto finanziario del Comune di Catania Voi restate in città, pubblicato nella Pasqua del 2019. Anzi, a tal
proposito, bisogna sottolineare che la preparazione del documento, voluto da Mons. Gristina, può essere additato come esempio di lavoro sinodale, dato che nella stesura l'Arcivescovo ha caldeggiato il coinvolgimento di fedeli laici del mondo accademico, delle organizzazioni sindacali, della cooperazione, dell'associazionismo cattolico e del volontariato.
Aristotele aveva scritto che nel governo della Polis insieme alla giustizia bisogna coniugare l'amicizia sociale. Nel suo articolo, Mons. Renna cita a tal proposito Paolo VI, che parlava della politica come di una delle più alte forme di carità e aggiunge quanto scrive papa Francesco sull'amore politico in Fratelli tutti (n.180 ss), sottolineando la necessità di “quegli atti della carità che spingono a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali” (FT 186). E conclude Mons. Renna: “L'amore politico è la via più feconda per il bene dell'umanità, di cui c'è grande urgenza”.
Don Piero Sapienza