Il Bene comune, al tempo del Covid 19
 

Paolo VI aveva affermato che la politica è una delle più alte forme di carità, sulla scia di S. Ambrogio che l'aveva definita “caritas generis humani”, facendo così intravedere che la politica deve avere come fine il bene comune di tutta la comunità politica. E nella enciclica “Fratelli tutti”, a sua volta, papa Francesco sottolinea che la politica “è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune” (n180). La dottrina sociale della Chiesa ha poi definito il bene comune come “bene di tutti e di ognuno”, come qualcosa di indivisibile, perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, condividerlo e accrescerlo. E infatti la società non può essere intesa come una mera somma di individui, dove ognuno persegue i suoi interessi anche a scapito degli altri. Una tale concezione sociale di stampo individualistico è, infatti, l’esatto contrario di una visione tendente al bene comune. In altre parole, l’individualismo, nelle sue più svariate forme, è il nemico numero uno del bene comune. E perciò, per usare l'immagine eloquente di Aristotele, non si può paragonare a un pascolo comune dove un gregge di pecore o una mandria di buoi mangiano l’erba ognuno per conto suo, cercando di accaparrarsi quanto più cibo possibile, badando che gli altri non rubino il proprio. Questa immagine aristotelica mi sembra che esprima molto bene quello che in questo periodo sta accadendo nella politica italiana. Il governo Draghi, nato come un esecutivo di interesse nazionale che, perciò, ha visto la confluenza di diverse e opposte forze politiche, avrebbe dovuto affrontare la grave crisi della pandemia con la forte determinazione di perseguire il bene comune di tutto il Paese, con la conseguenza che ogni partito avrebbe dovuto impegnarsi in un proficuo dialogo con gli altri, facendo un passo indietro, qualora ciò fosse stato necessario per il bene di tutti. Infatti, i drammatici effetti della pandemia sono sotto gli occhi di tutti: malattia, morte, lutti, l'affanno della sanità nazionale, le emergenze e le preoccupazioni per i vaccini. E ancora: la crisi economica, che colpisce i più svariati settori con le gravi ricadute negative a livello occupazionale, e pertanto l’aumento esponenziale della povertà delle famiglie italiane. E non dobbiamo sottovalutare l’allarme che scatta a livello psicologico per le relazioni interpersonali, che si vanno sfilacciando e deteriorando, per i distanziamenti necessari, le chiusure, le limitazioni dei rapporti sociali. E' noto che si vanno moltiplicando varie forme di preoccupante depressione; per non parlare dei danni che si stanno provocando nella maturazione umana e psicologica tra le fasce adolescenziali e giovanili, anche per la didattica a distanza, a cui le scuole sono obbligate a ricorrere di fronte all'aumento dei contagi. In un quadro come questo, da vera calamità sociale, non dovrebbe essere difficile comprendere che “il male di uno va a danno di tutti” (FT 32) e che, perciò, nessuno si salva da solo, dato che “si naviga sulla stessa barca”. In altri termini, ci si può salvare unicamente insieme. Cosa fanno, invece, le varie forze politiche che sono al governo? Anziché lavorare insieme per il bene comune, sembrano più preoccupate di attribuirsi i meriti di questa o di quella decisione, di un provvedimento a favore di questa o quella categoria oppure sono pronte a criticare altre decisioni che non corrispondono ai loro programmi partitici. Senza dire che sentiamo ripetere proposte, che ormai sembrano slogans ripetuti come filastrocche a memoria: chi non vorrebbe vincere la pandemia? Chi non
vorrebbe vedere riavviate tutte le attività economiche, culturali, sociali, sportive ecc? Chi oserebbe dire che non debbano essere dati sostegni economici adeguati a coloro che sono costretti alle chiusure? Eppure ogni leader, ogni partito deve mettere la propria bandierina anche sulle cose più evidenti. L'individualismo emerge a tutti i livelli e al popolo viene offerta un'immagine frantumata del governo, con la conseguenza che i provvedimenti più duri e restrittivi vengono mal visti e criticati. Le Istituzioni regionali, poi, a loro volta, spesso contribuiscono ad alimentare malumori, specie quando apertamente dichiarano di “disobbedire” alle disposizioni governative nazionali per intraprendere strade proprie. Insomma, si respira un brutto clima di tutti contro tutti, e l’esasperazione dei toni, come fanno alcuni, con aria in apparenza disinteressata, non solo non contribuisce alla ricerca del bene comune del Paese, ma innesca le premesse per l’esplosione di una bomba sociale. Assistiamo, purtroppo, a “forme di politica meschine e tese all’interesse immediato”, preoccupate “dell’apparire, del marketing, di varie forme di maquillage mediatico”(FT197). Tutto ciò, però, non semina altro che divisione, inimicizia e uno scetticismo desolante incapace di appellarsi a un progetto comune. Ma Papa Francesco avverte che “la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine.” Tutto ciò presuppone come “necessaria – per dirla sempre con papa Francesco - la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune”(FT154). E’ una sfida che i nostri politici dovrebbero saper raccogliere. Almeno ce lo auguriamo!
Don Piero Sapienza

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