“Che uno sventurato s’immagini la felicità non ha nulla di singolare; ciascuno di noi, ogni giorno lo fa. Dante lo fa come noi [...]”.
Chiunque si accosti all’opera poetica di Dante Alighieri avverte senza dubbio dei forti richiami ai sentimenti di amore, alle virtù da seguire, ai vizi che portano pene, all’impegno civile e politico ecc. Alla luce di ciò, quando ci si interroga su cosa potrebbe dire oggi Dante alla nostra Italia, alla nostra città e al singolo individuo c’è il rischio che tutto si colori a tinte fosche, cupe e severe (complice forse un’iconografia che ritrae il sommo poeta sempre corrucciato). Tuttavia nel clima di scoraggiamento sociale e politico dei nostri giorni sarebbe proprio il caso di imporci una legge del contrappasso in positivo, una sorta di penitenza di ottimismo e si può certamente attingere dall’opera di Dante per uno slancio rivolto ad immaginare la felicità.
Due esempi, l’incontro con Beatrice nel XXX del Paradiso e il sonetto “Guido i’ vorrei che tu e Lapo ed io”.
Jorge L. Borges, già citato nel corsivo iniziale, crede che Dante abbia edificato la triplice architettura della Commedia per introdurre al suo culmine l’incontro con l’amata Beatrice. Scrive Borges: “morta e perduta per sempre Beatrice, Dante giocò con la finzione di ritrovarla per mitigare la tristezza”. Una felicità immaginata, dunque, un sogno, un incontro illusorio che pur non concretizzandosi alla maniera passionale di Paolo e Francesca, viene regalato al mondo e alla storia attraverso un irripetibile e magistrale poema.
Più disteso e dilettevole è invece il sonetto. In che modo in questa poesia Dante immagina la felicità?
Come un giovane!
Chi da ragazzo non ha sognato di partire per un viaggio avventuroso con amici e spasimate compagne? Non c’erano scooter né automobili né aerei nel Ducento e il nostro vate non poteva che immaginare la sua comitiva di amici e amanti posta per incantesimo su un vascello a navigare senza ostacoli intrattenendosi lietamente in amorose conversazioni.
In fondo sognare la felicità è mestiere di tutti, per i giovani e i meno giovani. Dante ancora oggi ci invita a farlo. Talvolta questa capacità di immaginare la felicità è limitata o scoraggiata. Talvolta si crede che immaginare la felicità possa essere un’operazione da declinare solo in senso individuale o esclusivo per gruppi (cosa che allontana dall’intendere il bene comune). Infine si può credere che immaginare la felicità sia condizione sufficiente per conseguirla; in realtà l’immaginazione è solo un primo passo necessario e non può essere un surrogato dell’impegno per costruirla.
È stato commovente vedere in questi ultimi giorni molti giovani recitare e commentare versi e terzine di Dante. Un “dolce color d’oriental zaffiro” brilla già nei loro occhi che coltivano speranza e felicità.
Una risposta.
Bella attualizzazione del Sommo poeta.Bella iniziativa !!! Disseminano cultura!!