Mi sono sempre chiesto perché sono nato nella parte di mondo “giusta”. Mi sono sempre sentito in obbligo verso chi è nato dalla parte “sbagliata”. Cerco nel mio piccolo di fare qualcosa per gli altri, magari meno fortunati di me. Una delle possibilità di aiutare gli altri é il servizio alla "Bisaccia del Pellegrino": una realtà del variegato mondo del volontariato paternese, attiva da ben cinque anni. Avvalendosi di alcuni volontari in pianta stabile e di tanti altri che si alternano in turni con cadenze diverse, prepara centinaia di pasti caldi al giorno per fratelli e sorelle più sfortunati.
I volontari provengono da parrocchie, associazioni laiche e religiosi, chiese di altre confessioni.
Qualche anno fa anch'io sono stato invitato a far parte di un gruppo di volontari, fra l'altro di un'altra Parrocchia diversa dalla mia, e con curiosità ho provato a dare il mio piccolo contributo. Non ho specifiche competenze culinarie, per cui mi sono impegnato nei lavori più semplici, nei servizi più facili: servivo i pasti a questi fratelli portando loro una parola di conforto, gentile, un sorriso, una battuta. A seguito dell'emergenza sanitaria, adesso la mensa fornisce solo pasti definiti tecnicamente "da asporto".
Non ho più il contatto con gli assistiti, ma mi limito a smistare e imbustare pasti, lavare i pavimenti.
Nel servizio di ieri, invece, sono stato assegnato alla consegna del cibo, così, dopo la preghiera con gli altri volontari, ho pensato a Papa Francesco che dice di fare l'elemosina guardando negli occhi il povero e confortarlo anche con un sorriso o una parola buona.
D'incanto un servizio effettuato da anni, col rischio di diventare routine ordinaria, si è trasformato in una forte esperienza di unità con gli altri volontari e d'amore nei confronti degli ospiti.
Ho cercato di sorridere e parlare con tutti, magari indugiando qualche secondo in più nella consegna dei pacchi, però sentivo di dare loro più di un semplice pasto, in particolare una bambina che ritirava cinque pasti, pesanti più di lei, per conto di una famiglia.
I suoi occhi mi sono rimasti dentro. Ho pensato cosa ci possa essere dietro quegli occhi, cosa possano già aver visto, come sono più duri degli altri occhi dei suoi coetanei e mi sono fermato lì, perché i miei occhi si velavano di lacrime.
Salvo Liotta